Le 32 sonate per pianoforte di L.V. Beethoven attraversano i 3
cosiddetti “periodi” del compositore. La sonata n° 30 opera 109
rappresenta il terzo periodo beethoviano, esaltandone l’evoluzione
stilistica del Maestro. Difatti, ci troviamo di fronte al periodo
classico-romantico, nel quale Beethoven quasi abbandona il
pragmatismo puramente classico della forma sonata, regalandoci
sprazzi di romanticismo nel lirismo del secondo tema Adagio,
mantenendo però una delle caratteristiche della scrittura
beethoviana: la scrittura orchestrale. Sorprendentemente il primo
movimento è collegato al secondo, il prestissimo, dove Beethoven ci
riporta con maestria nel rigore classico del “secondo” periodo, con
un incalzante susseguirsi di crome nel 6/8. Dopo gli accordi finali
del secondo movimento, che richiamano il suono degli archi, abbiamo
il terzo ed ultimo movimento, l’Andante molto cantabile ed
espressivo, sviluppato in forma di variazioni, tra le più
sorprendenti e stilisticamente perfette del Maestro nato a Bonn.
Incantevole poi l’epilogo che ripropone la placida atmosfera del
primo tema, dopo il susseguirsi delle variazioni.
La Suite Bergamasque di Claude Debussy ci offre lo stile del più
grande degli impressionisti (etichetta per altro rifiutata dallo
stesso Debussy), ove le quattro danze infrangono gli schemi
dell’armonia tradizionale. Il Prelude “apre le danze”, intriso di
quartine snodate, in forma quasi di arabeschi, ci lascia immaginare
scene della natura, in uno stile fresco come un prato primaverile,
la dove i suoni si confondono con i colori, gli odori, secondo il
tipico pensiero dell’impressionismo. Il secondo movimento, Menuet, è
ricco di armonie moderne, e per lo più segue il filone del preludio.
Claire de Lune è un brano reso celebre anche dall’uso che ne è stato
fatto in numerosi film, “sette anni in Tibet”, “Canone Inverso”,
“Paura d’amare”, “Ocean’s Eleven” e la lista potrebbe continuare.
Qui l’atmosfera è sognante, una soave melodia “illuminata” dal
chiarore della luna piena. Poi, nella sezione più scorrevole, questo
chiaro di luna sembra quasi specchiarsi sul mare, in un crescendo di
emozioni, ma senza arrivare mai ad un apice, più un suggerimento di
emozioni piuttosto che una mera descrizione delle emozioni stesse.
Dopo l’ultimo intimo e tenero arpeggio segue il quarto movimento di
questa deliziosa suite, Passepied, nel quale una melodia quasi
medioevale è sostenuta da un accompagnamento scherzoso delle crome
staccate. Il brano prosegue in un pressoché ininterrotto andamento
di crome sino alla fine.
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Prelude di Ravel è un brano della durata di circa un minuto e mezzo.
La forma del preludio nasce come apertura per una serie di brani o
danze, come nelle suite del periodo barocco. Successivamente
nasceranno Preludi con forme musicali a se stanti, come il ciclo di
preludi di chopin, tra i più celebri. Qui l’ho scelto appunto per
anticipare la Pavane pour une infante défunte (pavana per una bimba
morta) dello stesso Ravel. La pavana non è altro che una danza
Cinquecentesca. Questa mirabile composizione narra la storia di una
piccola principessa morta. Il brano non possiede caratteristiche
funebri, ma vi è invece una melodia dolce, sconsolata, forse Ravel
voleva descrivere la piccola principessa stessa, il suo muoversi, il
suo danzare, etereo, sospeso nel vuoto… una melodia come un canto
innocente. Nella sezione centrale vi è un’atmosfera poco più
allegra, quasi per descrivere i giochi di questa creatura, infine
nella terza parte vi è nuovamente la prima idea (schema tripartito
A-B-A), stavolta poco più fluido, con la melodia all’ottava
superiore, quasi a ricordare che l’anima di questa “infante défunte”
volge al cielo. Ricordo quando al teatro Bellini un oboista suonò la
parte principale di questa pavana, nella versione per orchestra.
Suonò con le lacrime agli occhi, fu l’esecuzione migliore che abbia
avuto l’onore di ascoltare, questo perché gli morì la figlia qualche
tempo prima.
« Dieu fluvial riant de l’eau qui le chatouille…. » - « Il Dio dei
fiumi ride dell’acqua che lo solletica » . Ravel pone questa frase
di Henri De Regnier all’inizio di Jeaux d’eau; ci troviamo di fronte
ad uno dei capolavori dell’impressionismo, un brano molto discusso,
diversi critici azzardavano asserire che tale brano diede spunto
allo stile di Debussy. In Giochi d’acqua riusciamo ad immaginarci un
ruscello che zampilla, cerchi concentrici d’acqua, e tutto ciò che
può evocare il mondo fluttuante.
La Consolazione n°3 di Franz Liszt è una composizione dal carattere
intimo, con richiami a melodie belliniane, la più celebre delle 6
consolazioni. La melodia, più che melodia in se per se, è quasi un
canto, appoggiato su un morbido accompagnamento arpeggiato dalla
mano sinistra. Altra composizione incantevole di Liszt è Liebestraum
(sogno d’amore). Il titolo la dice lunga sul carattere del brano.
Un’idea prima accennata, poi sempre più incalzante, e poi, dopo la
cadenza, torna ad essere nuovamente intima.
La Ballata n°2 di Liszt è il brano che chiude il concerto. Una
composizione tra le più romantiche del repertorio pianistico, un
poema infuocato di passione. Su un accompagnamento vorticoso della
mano sinistra si eleva un lamentoso canto, poi d’improvviso una
soave melodia. Le stesse idee ripetute un semitono sotto. Poi le
ottave marziale precedono una sezione tempestosa, poi ancora una
dolce e sognante melodia che ci ricondurrà alla soave melodia già
ascoltata, stavolta proposta in accordi. Da qui comincia una sezione
sempre più tumultuosa sino alla “visione infernale” della parte
centrale, dove raffiche di ottave precipitano verso i registri più
bassi della tastiera. E’ l’allegro moderato la sezione che ci
condurrà al finale del brano, dove la melodia è ora melanconica e
nostalgica, poi dopo una sezione poco più mossa, diverrà grandiosa e
straripante, infine, la melodia soave dell’inizio terminerà il
brano.
Salvo Rizzo
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